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ISSN 2611-8858

Topics

Bankruptcy

Il mutato orientamento della Cassazione: la dichiarazione di fallimento è una condizione obiettiva di punibilità estrinseca

The wording of the provisions of bankruptcy crimes (“in case of declaration of bankruptcy”) has given rise to a huge debate among the scholars and the case-law, for more than five decades, often overshadowing the constitutional implications. The role played by the declaration of bankruptcy in certain bankruptcy crimes is still controversial. This paper focuses on the historical and logical grounds of the main arguments, in order to highlight the importance of causation and mens rea with respect to bankruptcy crimes, as required by the Italian Constitution.

The Subtle “Interpretative Certainty” of the Constitutional Legitimacy of Bankruptcy Offences

The publication of the well-known “Corvetta” judgement has reopened long-standing doubts and differing opinions about the role played by the bankruptcy judgement in the structure of bankruptcy offences. These doubts also relate to the constitutional legitimacy of the bankruptcy offences. From analysis of the “Corvetta” judgement and the subsequent doctrinal discussion, and especially, from the stances set forth in the case law, a situation of great uncertainty in the interpretation of the bankruptcy law emerges, which raises questions about the possibility of respecting the principle of “legal certainty” and the principle of “reasonableness” under the current legislation.

Bankruptcy Offences in the U.S. Legal System

It is well known that in recent years the Italian (civil) bankruptcy system has been reformed looking at the U.S. system as an ideal term of comparison. The U.S. system of bankruptcy crimes and frauds is examined here, in order to underline possible similarities and dissimilarities with the Italian criminal system. The aim of this work is to offer the reader new tools to interpret Italian bankruptcy crimes within the renewed civil bankruptcy system.

Attestare stanca

A circa due anni dall'entrata in vigore della novella che ha introdotto il reato di “Falso in attestazioni e relazioni” con l'art. 236-bis della Legge Fallimentare, giunge la prima pronuncia (edita) sul tema. Si tratta di un'ordinanza interdittiva, emessa in una cornice fattuale da “caso limite” per la macroscopica tipicità delle condotte contestate: i fatti ad oggetto rendono la pronuncia di particolare interesse, specie se letta all'interno della cornice creata dalla giurisprudenza fallimentare sul tema delle attestazioni e delle relazioni del professionista, nonché dalla pubblicazione da parte del Consiglio nazionale dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili dei “Principi di attestazione dei piani di risanamento”. Un nuovo “caso Busiello”, di cui ci si è proposto di analizzare dati fattuali, percorsi motivazionali dell'estensore, nonchè possibili termini di applicazione futura dei dicta, specie in materia di prova del dolo. Alla ricerca quindi di un corretto inquadramento sistematico di una norma purtroppo mal scritta, dal contenuto potenzialmente deflagrante per tutto il sistema delle soluzioni concordate della crisi d'impresa.

Sentenza dichiarativa di fallimento e bancarotta: davvero incolmabile il divario fra teoria e prassi?

Giurisprudenza e dottrina sono storicamente divise sul ruolo da assegnare alla dichiarazione giudiziale d’insolvenza rispetto ai delitti di bancarotta. Le Corti annoverano la sentenza dichiarativa di fallimento tra gli elementi costitutivi del reato, senza però trarne tutte le implicazioni di carattere sistematico e giungendo talvolta a risultati interpretativi eccentrici. L’impostazione prevalente in dottrina, secondo cui il fallimento è condizione obiettiva di punibilità, non soltanto risulta più coerente sotto il profilo dogmatico, ma a ben vedere si sottrae anche alle possibili criticità concernenti l’individuazione del tempus e del locus commissi delicti.

Causazione del fallimento della società ‘con dolo o per effetto di operazioni dolose’: peculiarita’, anomalie testuali e controversie esegetiche alla luce della sentenza sul caso Parmalat-Capitalia

Prendendo occasione dai passi conferenti della sentenza sul caso Parmalat-Capitalia, lo scritto ripercorre la struttura della fattispecie di bancarotta fraudolenta impropria societaria di cui all’art. 223, cpv., n. 2 legge fall. e si prefigge lo scopo di evidenziarne i punti di criticità, i nodi esegetici irrisolti ed il ruolo nel generale contesto del diritto penale delle procedure concorsuali.

Vecchie soluzioni per nuovi problemi nella falsa attestazione del professionista

Nel tentativo di allineare la risposta sanzionatoria in materia penale alla rinnovata centralità del ruolo assunto dal professionista attestatore nell’ambito delle diverse procedure di composizione negoziale della crisi d’impresa, la nuova fattispecie di falso in attestazioni e relazioni di cui all’art. 236-bis l. fall. sembra riproporre problemi già noti in ambito penal-societario, peraltro accentuati da una formulazione più asciutta di quella che notoriamente caratterizza i reati di false comunicazioni sociali: in particolare, rispetto alle valutazioni sulla fattibilità dei piani occorre limitare il giudizio di falsità ad un livello di manifesta irragionevolezza qualificata dallo scostamento del percorso logico-argomentativo dalle regole tecniche metodologicamente indiscusse e dalle best practices di riferimento, espungendo dall’incriminazione i casi di semplice negligenza senza incorrere nell’ennesimo abuso della figura del dolo eventuale.

La responsabilità penale del professionista attestatore nell’ambito delle soluzioni concordate per le crisi d’impresa

La recente introduzione dell’art. 236-bis l.f., ove si punisce il delitto di “falso in attestazioni e relazioni”, offre uno spunto di riflessione sulla responsabilità penale del professionista nell’ambito delle soluzioni concordate per le crisi da sovraindebitamento e sul rapporto tra i delitti di bancarotta e gli altri reati fallimentari.