Brevi note sul contributo “penalistico” di Justice Anthony Kennedy, nonché sulle possibili conseguenze del suo pensionamento

Il testo ripercorre le principali pronunce in materia costituzionale-penale dell’Associate Justice della Corte suprema statunitense Anthony Kennedy (in carica dal 1988 al 2018). Il peculiare ruolo di giudice “ago della bilancia” (Swing Justice) tra conservatori e progressisti ha fatto si che le sue posizioni dinamico-evolutive nell’interpretazione di alcune clausole costituzionali (cruel and unusual punishment clause dell’VIII em. e due process clauses del V e XIV em.) abbiano controllato le decisioni della Corte, irrobustendo lo statuto costituzionale di garanzia in determinati settori del diritto penale sostanziale (sanzionatorio e penitenziario, in particolare). Il suo avvicendamento con il giudice Kavanaugh, e il consolidamento di una maggioranza conservatrice – si conclude – potrebbe rimettere in discussione molti degli approdi raggiunti, nonché i fondamentali principi di dignità, umanità e civiltà ad essi sottesi

Il retirement del cd. Swing Justice[1] di nomina reaganiana Anthony Kennedy, vera e propria “forza equilibratrice” tra il blocco conservatore e quello progressista della Corte[2], e dunque suo giudice più influente nel formare maggioranze, specialmente nel corso degli ultimi dieci anni, annunciato il 27 giugno 2018, prelude senza dubbio ad una “nuova era” nella jurisprudence dell’Alta Corte[3].

La tormentata conferma del nuovo giudice di nomina trumpiana – Brett Kavanaugh[4] – determinerà un significativo mutamento negli equilibri interni al collegio e, verosimilmente, una netta “sterzata a destra” in vari ambiti, tra i quali alcune aree del diritto penale sostanziale, laddove Kennedy disponeva del voto decisivo e stabiliva sovente l’esito finale dei casi[5]. Lungi dal poter qui offrire una ricostruzione completa dell’elaborazione trentennale di Kennedy, ci si propone di ripercorrerne in sintesi alcune evoluzioni in ambito lato sensu penale-costituzionale.

Si è rilevato che, soprattutto in materia processuale penale, di cd. Constitutional law of criminal procedure (divieto di perquisizioni e sequestri ingiustificati del IV Em.; diritto ad un processo con giuria e confrontation clause di cui al VI Em., limitandoci ad alcuni esempi), Kennedy non abbia rivestito il decisivo ruolo di “ago della bilancia” come in altre materie, essendosi schierato stabilmente per salvaguardare le ragioni del law enforcement[6], sovente a discapito dei diritti individuali di indagati, imputati e condannati.

Se si volge lo sguardo ad altre aree, tuttavia, occorre rilevare che le sue posizioni hanno supportato in maniera costante interpretazioni ampie e dinamiche delle previsioni costituzionali – non ancorate rigidamente al testo della Costituzione ed alla tradizione storica (anti-originaliste)[7] – in grado di porre significativi limiti alla criminalizzazione ed ai trattamenti sanzionatori previsti in sede legislativa.

Sul primo versante, gli strumenti privilegiati sono stati quelli della libertà di autodeterminazione e della dignità della persona, protette dal contenuto sostanziale delle due process clauses del V e XIV Em., quale limite invalicabile all’intervento statuale in determinate sfere personali[8] (controlli, si direbbe, di ragionevolezza intrinseca sul contenuto delle disposizioni incriminatrici).

Inoltre, è stato certamente di primo piano il ruolo di Kennedy nell’elaborazione giurisprudenziale sul divieto di pene crudeli ed inusuali di cui all’VIII Em., almeno su tre distinti versanti.

Anzitutto, nella death penalty jurisprudence – pur senza mai spingersi a giudicare l’estrema sanzione incostituzionale di per sé[9] – egli è stato l’unico tra i Justices conservatori a volere imporre significative restrizioni di natura sostanziale alla pena capitale, dichiarandola categoricamente incostituzionale, in quanto eccessiva, in riferimento a “classi di rei” (soggetti intellectually disabled[10]; minorenni[11]) e “categorie di reati” (stupro di bambini minori di anni 12; tutti i reati contro la persona diversi dall’omicidio volontario aggravato)[12].

Tutte queste decisioni (cd. capital proprotionality doctrine) hanno fatto leva sulla dottrina “attivista” dei cd. evolving standards of decency that mark the progress of a maturing society, fortemente avversata dai giudici conservatori, in ragione della sua asserita antidemocraticità[13].

Il progressivo allontanamento dalle posizioni classiche “di partito”, aveva innescato numerose speculazioni circa una possibile definitiva rinuncia[14] – come già fatto da numerosi Justices[15] – tale da censurare la pena di morte di per sé ed in termini assoluti, unendosi ai quattro giudici di nomina democratica.

Con riferimento alle pene detentive (cd. non capital sentencing), benché sia stata una sua opinione concorrente[16] – non a caso risalente alla fase storica di massima patologia e diffusione delle politiche “tough on crime” – a dare il “colpo di grazia” alla possibilità di giudicare incostituzionale una sanzione penale per sproporzione rispetto al disvalore del reato (cd. non capital proportionality), il suo pensiero pare essersi evoluto progressivamente, e non di poco.

Nel 2003 Kennedy, con il suo decisivo voto, supportava la conferma della legittimità di una pena da 25 anni all’ergastolo per il furto di tre mazze da golf, irrogata in base alla “famigerata” legge dei tre colpi californiana[17].

Nello stesso anno, però, egli era tra le prime personalità istituzionali di un certo peso a criticare apertamente, con toni piuttosto duri, le manifeste ingiustizie del sistema sanzionatorio (del mandatory minimum sentencing, in particolare) ed il fallimento dello stato carcerario statunitense, in un noto address all’American Bar Association[18]. In quella sede si evidenziavano drammaticamente i costi umani, lo spreco di risorse, e l’improcrastinabile necessità di riforma, dopo due decenni di incontrollata isteria punitiva.

Negli anni successivi, anche le sue decisioni – seppur, forse, non fino al punto che si poteva auspicare ed in un ambito piuttosto limitato, non compiutamente esteso agli “adult offenders” – hanno rispecchiato tale presa di coscienza.

E’ stato infatti estensore dell’opinion of the Court che ha invalidato la pena dell’ergastolo senza possibilità della libertà condizionale nei confronti di juveniles per reati diversi dall’omicidio volontario[19]; così come è stato suo il voto decisivo per censurare l’ergastolo senza possibilità della libertà condizionale legislativamente imposto (mandatory), pena fissa comminata in talune giurisdizioni ai minorenni per reati di omicidio[20].

Infine, lo stesso trend si manifesta in ambito più strettamente penitenziario, laddove Kennedy ha redatto la nota decisione di maggioranza[21] che, confermando l’ingiunzione della corte federale, ha ordinato allo Stato della California di liberare oltre 40.000 detenuti, sottoposti a trattamenti contrari alla dignità umana, in ragione del sovraffollamento e della insufficienza delle cure mediche disponibili negli istituti di pena.

In una più recente concurring opinion – peraltro non correlata al thema decidendum dinanzi alla Corte[22] – Kennedy ha denunciato, in un’appassionata invettiva, l’intollerabile abuso del cd. solitary confinement, l’isolamento, nelle carceri nordamericane, sia nella death row, sia in termini generali (ad oggi, nel complesso, tra gli 80.000 ed i 100.000 detenuti sono ristretti in isolamento).

Ne ha elencato i costi umani intollerabili, “chiamando alle armi”, con un atto evidentemente politico, i litigators che ne volessero porre in dubbio la costituzionalità[23].

Se si valutano congiuntamente le suddette evoluzioni, si ha l’impressione che l’apertura alla dimensione sovranazionale ed internazionale della human rights law ed allo studio dei sistemi costituzionali e punitivi delle altre democrazie occidentali (cd. constitutional comparativism), abbiano progressivamente condotto Kennedy ad un senso di profondo disagio verso l’isolamento “eccezionalista” statunitense, in termini di draconiana severità e disumanità del criminal justice system[24].

Ulteriore tratto distintivo della sua jurisprudence penalistica (ma non soltanto) si identifica nell’interpretazione espansiva, quasi “assolutistica”, delle libertà protette dal I Em., come emerge da alcune pronunce che hanno invalidato fattispecie incriminatrici in contrasto con la libertà d’espressione (freedom of speech)[25].

Molto importante, infine, la sentenza nella quale Kennedy ha statuito che, nella War on terror successiva ai fatti dell’11 settembre 2001, i cd. enemy combatants stranieri, ristretti a Guantanamo, non possono essere privati del diritto costituzionalmente garantito di Habeas corpus, essendo loro diritto lamentare l’illegalità della detenzione dinanzi alle corti federali statunitensi. Un’opinion fondata sulle istanze di separazione dei poteri e sulla necessità di effettivo judicial scrutiny dell’azione dell’Esecutivo, straordinariamente attuale all’epoca di Donald Trump[26].

All’esito della breve rassegna degli approdi dianzi accennati, può concludersi escludendo ragionevolmente che la nuova composizione del collegio, comprensiva di Kavanaugh e caratterizzata da una consolidata maggioranza conservatrice[27] – salvo forse alcuni specifici temi del diritto penale sostanziale, connessi ad istanze testualiste[28], e della procedura penale[29] – possa essere propensa a promuovere linee interpretative di garanzia, ispirate alla protezione di valori personalistici, di  dignità, decenza, umanità e civiltà, che hanno invece animato buona parte della jurisprudence di Kennedy in materia penale[30].

 

[1] Analizza approfonditamente la genesi ed i profili definitori della qualifica di cd. Swing Justice, traducibile come “giudice ago della bilancia”, nell’evoluzione  storico-istituzionale della Corte suprema statunitense e del suo case-law, tra gli altri: K.M. McGaver, Getting Back to Basics: Recognizing and Understanding the Swing Voter on the Supreme Court of the United States, in Minn. L. Rev., 2017, 1247 ss.

[2] In tal senso, v. tra i numerosi contributi: D. Cole, Why Anthony Kennedy Was a Moderating Force on the Supreme Court, consultabile all’URL https://www.thenation.com/article/anthony-kennedy-moderating-force-supreme-court/, 3 luglio 2018.

[3] Cfr. C.R. Sunstein, Constitutional Law is About to get an Overhaul, all’URL https://www.bloomberg.com/view/articles/2018-06-28/supreme-court-constitutional-law-is-about-to-get-an-overhaul, 28 giugno 2018.

[4] Per una disamina della judicial philosophy espressa da Kavanaugh, nell’esercizio delle sue funzioni di giudice d’appello federale della District of Columbia Court of Appeals e in diversi contributi dottrinali (cd. nonjudicial writings), cfr. A. Nolan-C.D. Lewis, Judge Brett M. Kavanaugh: His Jurisprudence and Potential Impact on the Supreme Court, Report del Congressional Research Service, all’URL https://fas.org/sgp/crs/misc/R45293.pdf, 21 agosto 2018. Le posizioni assunte in materia penale e processuale penale sono trattate ibidem, 85-95.

[5] Lo segnala, tra gli altri, facendo riferimento ad una pluralità di ambiti, tra i quali: diritti individuali fondamentali (aborto, gay rights), azioni positive, pena capitale, condizioni di detenzione nelle carceri: E. Chemerinsky, The Supreme Court is poised to take a hard turn to the right, all’URL https://www.bostonglobe.com/opinion/2018/06/27/the-supreme-court-poised-take-hard-turn-right/7h8ywsTSCr8dBnNgYgWf1M/story.html, 27 giugno 2018. In ambito penale Kennedy ha costantemente rivestito un ruolo decisivo – unendosi ai giudici progressisti nelle decisioni “split along ideological lines” – soprattutto nell’interpretazione della clausola che vieta le pene crudeli ed inusuali dell’VIII Em., propugnandone un’interpretazione ampia ed evolutiva, tesa a valorizzare il supremo principio di human dignity ed aperta all’uso della comparazione e dell’international human rights law, che ha contribuito alla progressiva elaborazione di una serie di limiti sostanziali all’uso della pena capitale, pur senza mai sancirne l’invalidità di per sé: cfr. sul punto C.S. Steiker-J. Steiker, Justice Kennedy: He swung left on the death penalty but declined to swing for the fences, all’URL http://www.scotusblog.com/2018/07/justice-kennedy-he-swung-left-on-the-death-penalty-but-declined-to-swing-for-the-fences/, 2 luglio 2018; M. Ford, America Is Stuck With the Death Penalty for (at Least) a Generation, all’URL https://newrepublic.com/article/150036/america-stuck-death-penalty-at-least-generation, 19 luglio 2018.

[6] Si veda a tale proposito: A. Nolan-K.M. Lewis-V.C. Brannon, Justice Anthony Kennedy: His Jurisprudence and the Future of the Court,  Report del Congressional Research Service, 11 luglio 2018, 17 ss.; C. Mason, On Criminal Justice, Kavanaugh Might Be More Centrist than Kennedy, all’URL https://thecrimereport.org/2018/07/24/on-criminal-justice-kavanaugh-may-be-more-centrist-than-kennedy/#, 24 luglio 2018.

[7] L.K. Parshall, Embracing the Living Constitution: Justice Anthony Kennedy’s Move Away from a Conservative Methodology of Constitutional Interpretation, in N.C. Central L. Rev., 2007, 25 ss.

[8] La cd. substantive due process review. Va ricordata in particolare la celebre decisione Lawrence v. Texas, 539 U.S. 558 (2003), estesa da Kennedy, con la quale si dichiarò costituzionalmente illegittima la fattispecie di reato prevista dalla legislazione del Texas che incriminava i rapporti sessuali in privato tra persone dello stesso sesso. Si trattava di una delle numerose sodomy laws, allora vigenti in ben 13 stati degli U.S.A., la cui validità era stata confermata nel precedente Bowers v. Hardwick, 478 U.S. 186 (1986), di cui si dispose l’overruling espresso. L’analisi della Corte in Lawrence, dopo avere verificato che l’unico scopo legittimo della disposizione era quello di salvaguardare la “morale dominante” nella comunità, non lo ritenne sufficiente per supportare razionalmente l’invasione nella sfera di libertà di autodeterminazione individuale determinata dall’incriminazione. Sul significato penalistico della decisione v. tra i numerosi commenti: J.K. Strader, Lawrence’s Criminal Law, in Berkeley J. Crim. L., 2011, 41 ss.

[9] Kennedy, ad esempio, è stato parte delle maggioranze conservatrici nelle sentenze che hanno confermato la legittimità dei protocolli di esecuzione tramite iniezione letale di diversi stati: cfr. Baze v. Rees, 553 U.S. 35 (2008); Glossip v. Gross, No. 14-7955576 U.S. ___ (2015) e si è spesso schierato con i colleghi di nomina repubblicana in materia di capital sentencing procedure: v. tra le altre Payne v. Tennessee, 501 U.S. 808 (1991), con la quale si ammisero le testimonianze dei familiari sopravvissuti della vittima nella fase sanzionatoria capitale (victim impact statements), oppure  Kansas v. Marsh, 548 U.S. 163 (2006), dove si statuì, nella sostanza, il principio secondo il quale, se nel bilanciamento in fase commisurativa non vi è alcuna prevalenza delle aggravanti o delle attenuanti, la giuria può comunque irrogare la pena di morte.

[10] Atkins v. Virginia, 536 U.S. 304 (2002). Kennedy, in attuazione dell’holding di Atkins, ha vergato una più recente decisione che ha censurato la soglia fissa e rigida del quoziente intellettivo, fissata a 70 dalla legislazione della Florida, che presumeva la legittimità dell’irrogazione della pena capitale a tutti i soggetti con Q.I. superiore a 70, in quanto non intellectually disabled: cfr. Hall v. Florida, 572 U.S. ___ (2014).

[11] Roper v. Simmons, 543 U.S. 551 (2005).

[12] Kennedy v. Louisiana, 554 U.S. 407, (2008).

[13] Sul punto v. L.E. Carter, The Evolution of Justice’s Kennedy Eighth Amendment Jurisprudence on Categorical Bars in Capital Cases, in McGeorge L. Rev., 2013, 229 ss. Manifestano plasticamente l’ostilità conservatrice verso tale judicial doctrine le colorite parole di Justice Scalia, nella concurring opinion del caso Glossip v. Gross, No. 14-7955576 U.S. ___ (2015), che ha confermato la legittimità del protocollo di esecuzione con iniezione letale dello Stato dell’Oklahoma, scritte in risposta al dissent di Breyer, che invocava la necessità di rivalutare complessivamente la costituzionalità dell’estrema sanzione. Scalia descrive così l’evolving standards of decency test: “la proliferazione di labirintiche restrizioni alla pena capitale, promulgate da questa Corte in forza di un’interpretazione dell’Ottavo Emendamento che le diede autorità di divinare ‘gli standard di decenza in evoluzione che segnano il progresso di una società in via di maturazione’, un compito per il quale siamo eminentemente inadatti … Quel caso ha causato più danno alla nostra giurisprudenza, al nostro sistema federale, e alla nostra società, rispetto ad ogni altro che mi possa venire in mente”.

[14] Cfr. ad es. D. Lithwick, Fate Worse the Death, all’URL http://www.slate.com/articles/news_and_politics/jurisprudence/2015/07/will_kennedy_overturn_the_death_penalty_his_views_on_solitary_confinement.html, 14 luglio 2015.

[15] Senza considerare gli strenui oppositori “on moral grounds” Brennan e Marshall, è noto il fenomeno unidirezionale di numerosi giudici supremi che, partiti su posizioni più caute e di self restraint, nel corso della loro tenure o dopo il retirement, sono giunti a ritenere incostituzionale in ogni circostanza la pena capitale (Blackmun, Powell, Stevens, Breyer, Ginsburg): cfr. ad es. M.C. Dorf, Evolving Standards of Decency That Mark the Progress of Maturing Justices, all’URL http://www.dorfonlaw.org/2015/06/evolving-standards-of-decency-that-mark.html, 29 giugno 2015.

[16] Harmelin v. Michigan, 501 U.S. 957 (1991), che conferma la costituzionalità della pena dell’ergastolo senza possibilità di libertà condizionale per la mera detenzione di 650 grammi di cocaina.

[17] Ewing v. California, 538 U.S. 11 (2003). Nella dottrina italiana v. per tutti: E. Grande, Il terzo strike. La prigione in America, Palermo, 2007, 64 ss.

[18] Cfr. The Editorial Board, Justice Kennedy Speaks Out, all’URL https://www.nytimes.com/2003/08/12/opinion/justice-kennedy-speaks-out.html, 12 agosto 2003.

[19] Graham v. Florida, 560 U.S. 48 (2010), sulla quale v. E.S. Nilsen, From Harmelin to Graham – Justice Kennedy Stakes Out a Path to Proportional Punishment, in Federal Sentencing Reporter, 2010, 67 ss.

[20] Miller v. Alabama, 567 U.S. 460 (2012).

[21] Brown vPlata, 563 U.S. 493 (2011), sulla quale si vedano le considerazioni di P. Passaglia, nel report del Servizio Studi della Corte costituzionale, Il sovraffollamento carcerario, a cura di P. Passaglia, con contributi di E. Bottini, C. Guerrero Picó, S. Pasetto e M. T. Rörig, all’URL https://www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/CC_SS_sovraffollamento_2014.pdf, 71 ss. Più in generale, sul ruolo svolto da Justice Kennedy nel portare al centro del dibattito pubblico le istanze della Criminal Justice Reform, ed in particolare nel richiamare l’attenzione sulla necessità di rendere maggiormente conforme a principi di umanità il sistema penitenziario federale e dei singoli stati: B. Adler, How Anthony Kennedy’s U.S. Supreme Court Ruling Transformed California’s Criminal Justice System, all’URL http://www.capradio.org/articles/2018/06/27/how-anthony-kennedys-us-supreme-court-ruling-transformed-californias-criminal-justice-system/, 27 giugno 2018; M. Roseman, A Hat Tip to Justice Anthony Kennedy: The Jurist Who Called Out Mass Incarceration, all’URL https://medium.com/@markeroseman/a-hat-tip-to-justice-anthony-kennedy-the-jurist-who-called-out-mass-incarceration-32e2bfb2e091, 21 luglio 2018; Justice Kennedy’s Contributions to Sentencing and Corrections Reform: An Appreciation, all’URL https://www.ucpress.edu/blog/36946/justice-kennedys-contributions-to-sentencing-and-corrections-reform-an-appreciation/.

[22] Davis vAyala, 576 U.S. ___ (2015). Il caso riguardava un’istanza di habeas corpus con cui si lamentava una condotta discriminatoria nella selezione dei giurati in un capital case. Kennedy, pur concordando con la decisione di maggioranza nel ritenere la condanna morte immune da vizi, scrisse separatamente, concentrandosi sul regime di isolamento, nel quale il detenuto Ayala aveva scontato gran parte della sua pena nel braccio della morte. Profili che erano emersi nel corso della discussione, ma non erano oggetto di ricorso.

[23] The Editorial Board, Justice Kennedy on Solitary Confinement, all’URL https://www.nytimes.com/2015/06/20/opinion/justice-kennedy-on-solitary-confinement.html, 19 giugno 2015; M. Ford, Justice Kennedy Denounces Solitary Confinement, all’URL https://www.theatlantic.com/politics/archive/2015/06/kalief-browder-justice-kennedy-solitary-confinement/396320/, 18 giugno 2015. Kennedy affermò: “La ricerca oggi conferma ancora ciò che questa Corte segnalò oltre un secolo fa: anni di quasi totale isolamento impongono un prezzo terribile … in un caso che sollevi la questione, il potere giudiziario potrebbe essere richiesto, entro la propria giurisdizione ed autorità, di stabilire se alternative percorribili, rispetto all’isolamento di lunga durata, esistono, e se così è, se dovrebbe essere imposto ad un sistema penitenziario di adottarle”.

[24] Approfondiscono, tra gli altri, l’influenza della foreign law, delle fonti sovranazionali e l’uso giurisprudenziale della comparazione nella Jurisprudence di Kennedy, il quale, si ricordi è professore di Constitutional Law alla McGeorge School of Law di Sacramento ed ha contribuito alla diffusione del rule of law nel mondo, soprattutto nella fase di transizione democratica di molti paesi, successiva alla caduta del muro di Berlino, in numerose conferenze internazionali e cicli di lezioni, in particolare nel tradizionale Summer Salzburg Program: S.C. McCafrey, There’s a Whole World Out There: Justice Kennedy’s Use of International Sources, in McGeorge L. Rev., 2013, 201 ss.; J. Toobin, Swing Shift. How Anthony Kennedy’s passion for foreign law could change the Supreme Court, all’URL https://www.newyorker.com/magazine/2005/09/12/swing-shift, 12 settembre 2005. In questo senso, la sostituzione di Kennedy con un giurista più conservatore determinerà con ogni probabilità un ulteriore rafforzamento degli orientamenti fortemente autarchici e sovranisti, già propri dei giudici conservatori (e dell’amministrazione Trump), a discapito di aperture internazionaliste: cfr. S.M. Patrick, The Global Implications of Justice Kennedy’s Retirement, all’URL https://www.cfr.org/blog/global-implications-justice-kennedys-retirement, 28 giugno 2018.

[25] Molto nota la sua concurring opinion nel celebre caso Texas vJohnson, 491 U.S. 397 (1989), nella quale una maggioranza liberal della Corte invalidò una fattispecie di reato che incriminava la dissacrazione della bandiera a stelle e strisce prevista dalla legislazione texana (e fattispecie omologhe allora vigenti in altri 48 sistemi penali statali), con il supporto dei giudici di nomina reaganiana Scalia e Kennedy, che sottolineò l’importanza fondamentale di proteggere il dissenso in una società libera, anche a costo di offrire protezione alla manifestazione di idee aberranti. Un’interessante e recente opinion redatta da Kennedy in materia di freedom of speech, in chiave di limite all’intervento penale, è stata già oggetto di analisi in P. Insolera, La Corte Suprema censura una presunzione di pericolosità indeterminata e irragionevole posta a fondamento del divieto di accesso ai social network per i c.d. registered sex offenders, in Ind. pen. on line, 2017, 3, 33 ss., al quale si rinvia. In generale sull’interpretazione fortemente libertarian del I Em. da parte di Kennedy v. E. Chemerinsky, Anthony Kennedy and Free Speech, all’URL http://www.scotusblog.com/2018/07/anthony-kennedy-and-free-speech/, 2 luglio 2018.

[26] Boumediene vBush, 553 U.S. 723 (2008). Nella letteratura italiana v. al proposito le stimolanti considerazioni di C. Drigo, Le Corti costituzionali tra politica e giurisdizione, Bologna, 2016, 343 ss.

[27] Cfr. D. Zecca, Le dimissioni di Justice Kennedy e il consolidamento di una maggioranza conservatrice in seno alla Corte suprema, in DPCE on line, 6 settembre 2018.

[28] Come si è rilevato, Kavanaugh ha fornito alcune interpretazioni di criminal statutes focalizzate sull’obbligo per l’accusa di provare l’elemento psicologico del reato, anche in caso di equivocità del testo di legge, tramite la cd. mens rea presumption: v. A. Nolan-C.D. Lewis, Judge Brett M. Kavanaugh, cit., 92-93; v. anche R. Little, Judge Kavanaugh’s record in criminal cases, all’URL http://www.scotusblog.com/2018/08/judge-kavanaughs-record-in-criminal-cases/, 27 agosto 2018. 

[29] In ambito processuale, le sentenze di Kavanaugh mostrano particolare attenzione ai cd. jury rights previsti dal VI Em., imponendo che tutti i fattori che determinano un aggravamento sanzionatorio, in fase di sentencing, vengano accertati dalla giuria tramite lo standard dell’oltre ogni ragionevole dubbio: O. Hatch, Judge Kavanaugh’s fight for stronger jury rights, all’URL http://www.scotusblog.com/2018/08/judge-kavanaughs-fight-for-stronger-jury-rights/, 31 agosto 2018. Ciò è in linea con l’approccio interpretativo testualista della Costituzione fatto proprio da altri giuristi conservatori, come Scalia, Thomas e Gorsuch: a tale proposito sia permesso il rinvio a P. Insolera, Da Scalia a Gorsuch: giudici “originalisti” e limiti costituzionali al punire nell’interpretazione passata, presente e futura della Corte suprema statunitense, in Riv. dir. comp., 2017, 3, 132 ss., 187 ss.

[30] In tal senso v. D. Matthews, What Anthony Kennedy’s retirement means for solitary confinement and the death penalty, all’URL https://www.vox.com/2018/6/27/17511082/anthony-kennedy-retirement-death-penalty, 27 giugno 2018; M. Ford, America Is Stuck With the Death Penalty, cit.